#TeLeRacconto: le nostre prime “Olimpiadi in piazza”
Da anni ormai siamo abituati a pensare alle Olimpiadi come un evento molto bello, di rilevanza mondiale, ma per certi versi anche molto complicato. I migliori atleti di decine di discipline sportive si ritrovano, infatti, in location molto lontane rispetto al nostro ambiente quotidiano, e ciò non facilita la nostra partecipazione diretta in qualità di spettatori. Chi di noi, quindi, non avrà l’occasione di preparare bagagli e carta d’imbarco e partire per Rio de Janeiro, seguirà questa 31° edizione in tv o tramite internet. E lo farà a soli due mesi da un’edizione (locale e sperimentale) in miniatura delle nostre Olimpiadi, che ha reso protagoniste molte delle realtà sportive e associative del nostro territorio.
A questo punto, probabilmente, vi aspetterete il classico discorso da Amministratore, che racconta di quanto sia sempre bello non solo promuovere lo sport ma anche praticarlo. E tra un pochino dirò anche questo. Prima però voglio raccontare la mia esperienza personale che, per certi versi, rispecchia anche lo spirito delle manifestazioni sportive che organizziamo nel corso dell’anno a Figline e Incisa (e tra le quali rientra anche questa prima edizione delle “Olimpiadi in piazza”).
Parto dal 2004, anno delle Olimpiadi di Atene. Io le seguivo principalmente per il basket e l’Italia era rappresentata da una grande squadra. A trascinarla c’erano Basile, Chiacig (che, tra l’altro, giocava a Siena) e Bulleri (originario di Cecina). Io all’epoca avevo già smesso di giocare da tempo, ma la cavalcata degli azzurri fu così entusiasmante da incollarmi alla tv durante le gare, per poi spingermi fino al campetto sotto casa, sera dopo sera, pronto a riprendere a palleggiare e a tirare a canestro.Ora che invece manca poco alle Olimpiadi di Rio, ho letto un libro in cui storia, sport e politica si intrecciano. E in questo libro (“Le vittorie imperfette” di Emiliano Poddi) c’è il riferimento ad un’altra Olimpiade, disputata in piena guerra fredda. Mi riferisco a quella di Monaco ’72, che segnò inevitabilmente la storia del basket con gli ultimi 3 secondi della partita “dei misteri”: Usa contro Urss. Un giallo che mi ha portato a leggere il libro tutto d’un fiato e che mi ha fatto tornare la voglia di scendere ancora in campo, anche se solo per una partita tra amici.
Perché raccontarvi questi due episodi? Perché credo che siano emblematici di come sia possibile riscoprire lo sport a partire da qualsiasi input. Un input che si nutre di esperienze condivise e si rafforza attraverso lo spirito di gruppo. Ed è proprio questo il senso di portare tante discipline in una delle piazze principali della nostra città. Le Olimpiadi in piazza, per tutti noi, sono state un momento di riscoperta del valore dello sport. Un modo per condividere la gioia di giocare, stare insieme, cogliere l’occasione per ritrovare il feeling con la propria disciplina preferita oppure approfondirne di nuove.
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