#TeLeRacconto: se il baratto diventa “sociale”

Un insieme di esigenze, bisogni, diritti, ma anche doveri verso la collettività. Penso a come unire tutti questi aspetti quando rifletto su quali politiche promuovere attraverso il mio assessorato, cercando, allo stesso tempo, di riportare l’attenzione sulle persone.

La mia è un’idea di sociale che, in senso generale, si costruisce come un percorso formativo ed educativo da fare tutti assieme, cercando di accompagnare chi ne ha bisogno. Non attraverso l’erogazione di contributi a pioggia o intermittenti (perché il Comune non è un bancomat!), ma coinvolgendo i cittadini e incoraggiandoli a prendersi cura degli altri, facendosi carico delle difficoltà altrui. In poche parole, promuovendo la co-responsabilità e la solidarietà.

Tutto questo perché una condivisione dei problemi comporta necessariamente una maggiore ed attenta analisi, che si traduce in consapevolezza del problema e condivisione delle risposte.

Ma come? Come spingere i cittadini a fidarsi delle Istituzioni e a condividerne i progetti? Trasformando le difficoltà in opportunità. Ed è così che è nato il “Baratto Sociale”, un progetto unico nella sua natura, risultato di un confronto con le assistenti sociali del nostro Comune.
La logica di “scambio” alla base è semplice: chi ha ricevuto aiuti di vario genere dal Comune, principalmente contributi economici (compartecipazione per il pagamento delle bollette, buoni spesa, contributi affitto vagliati caso per caso dalla Commissione assistenza ogni 15 giorni) in cambio di tempo. Tempo da dedicare alla collettività, principalmente a fianco delle associazioni di volontariato del territorio.
Un modo per evitare che i disagi economici si trasformino rapidamente in disagi sociali e, troppo spesso, anche di socialità. In pratica, i cittadini che accedono al “Baratto Sociale” vengono coinvolti in attività di volontariato, senza quindi percepire alcuno stipendio.
Ci siamo accorte che questo coinvolgimento in associazioni attiva un circuito virtuoso, di relazioni e amicizie.
Il “Baratto Sociale”, infatti, rappresenta un’opportunità di socializzazione, che attiva il tessuto relazionale personale e aiuta a mettere in campo energie nuove, oltre che a rendere più solidale e accogliente la nostra società.

Ce lo hanno confermato i due baratti sociali già attivati, che hanno raggiunto risultati positivi sia in termini relazionali che umani. Due storie che sono partite in maniera spontanea, attraverso un’autocandidatura, come forma di riconoscenza verso la collettività per l’aiuto fornito dal Comune.
Una di queste due storie parla di una donna che, quasi come una zia, accompagna una ragazzina disabile a scuola, tutti i giorni. Non è un lavoro di semplice accompagnamento, ma un modo per aiutare la ragazzina a socializzare con persone al di fuori della famiglia. Un lavoro di cura e attenzione per una piccola cittadina, che nonostante i suoi limiti (fisici e motori) e le sue difficoltà quotidiane, con questa “zia” riesce a stare meglio. Perché, a volte, nella vita si diventa grandi “nonostante”, ma è sempre il “come” a fare la differenza.
Ecco, credo che la ragazzina, in questi mesi, sia diventata un pochino più grande.
Sicuramente questo “baratto” ha reso entrambe migliori. Si sono scambiate, a vicenda, la presa di consapevolezza delle proprie capacità, della propria forza e dei propri limiti, ma anche la voglia di superarli, di confrontarsi, di mettersi in gioco e di collaborare. E la differenza, rispetto al passato, si è notata. L’hanno notata a scuola le maestre, l’hanno notato gli autisti a bordo dello scuolabus. Dal canto suo, la signora ci ha guadagnato in rapporti sociali, esperienza e professionalità, che potrà rispendere in campo curriculare al momento della ricerca di un potenziale lavoro. Ma la cosa più preziosa che ne ha ricavato è stata il sorriso: il sorriso di una ragazzina che si è trovata davanti una persona adulta, alla quale affidarsi al di fuori dal suo contesto familiare. Perché non c’è niente di meglio che leggere la riconoscenza negli occhi di una bambina, a cui si è donata una parte di sé. Un “do ut des” che va ben oltre la logica della materialità.

Assessora alle Politiche Sociali 4 article(s)
Ottavia è laureata in Economia dello Sviluppo all’Università di Firenze ed è stata impiegata in una società di engineering che partecipa a gare d’appalto internazionali. Grazie agli studi, è riuscita a dedicare parte del suo tempo alla cooperazione internazionale, facendo volontariato e successivamente lavorando in Africa Sub Sahariana come cooperante internazionale per Ong italiane. E' nata il 14 settembre 1982 a Figline Valdarno. Le sue deleghe: Politiche sociali, Sanità, Rapporti con il volontariato, Politiche abitative, Politiche per l’intercultura e l’integrazione, Cooperazione internazionale e Politiche per la Pace.